La lunga notte di Livejournal

Premessa: ho richiesto questo articolo alla gentilissima Raxilia (or Raxilia5Running) dopo aver letto varie vicende su quello che sta accadendo entro Livejournal e un po’ (parecchio) anche tutto intorno, nella vita reale. 

Lascio la parola a lei e la ringrazio del tempo dedicato a questo excursus su una terra che era del fandom e che ora ci stiamo vedendo ad abbandonare. 

Ringrazio anche Will_Pi per la guida al passaggio da LiveJournal a DreamWidth. 


 

Quella che segue è una fin troppo “tipica” storia del web, perché, se è vero che “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma“, questo motto è ancora più vero per un mondo come quello del web, dove tutto è in precaria e costante trasformazione, a cominciare dai linguaggi stessi che sorreggono le sue strutture.

 

Di piattaforme che nascono, esplodono e poi muoiono – soprattutto nell’ambito “sociale” – ne è pienissima la ancora breve storia di Internet: la “morte” di Splinder è un evento che i più vecchi bazzicatori della Grande Rete Globale ancora si ricordano, così come qualcuno si ricorderà ancora di come Yahoo – il Re Mida al contrario che trasforma in cenere tutto ciò che tocca – sia riuscito a far fallire business eccellenti, come quello di Geocities (spoiler: dei siti pubblicati su Geocities ho un vago ricordo, era la piattaforma prediletta per chi voleva aprire una fanpage su un dato pg/una data coppia di una serie, un po’ come adesso trovate le pagine dedicate su FB o i “fuckyeahpgarrandom” su Tumblr; io ne avevo aperta una sulla GrimmIchi, per dire, appena due mesi prima che la piattaforma chiudesse, che tempismo).

livejournal

E poi ci sono quelle piattaforme destinate a non morire mai o perlomeno così pare. È – era – il caso di Livejournal, un sopravvissuto dell’era di Internet 1.0 – e bastava guardare la grafica che ancora ostentava quattro o cinque anni fa, per accorgersene – e una delle piattaforme di blogging più vecchie che ci siano in circolazione. Insomma, è stata fondata in quel del 1999 da Brad Fitzpatrick, per gli standard di Internet stiamo parlando di un venerabile anziano.

 

Più o meno.

 

Sì perché Livejournal di rogne ne ha sempre avute parecchie dalla terra dei cosacchi ma ha avuto, per anni, anche i suoi lati positivi. E, nonostante lo scricchiolante castello di carte che era diventato, restava una piattaforma molto utile per chi scriveva, sia che si trattasse di writing communities di autori fandomici e non, sia che si trattasse di attivisti politici… E qui si entra nei verbi difettivi ma è proprio dal passato che vorrei partire. Da come Livejournal fosse una piattaforma abbastanza versatile, che incarnava un modo diverso di stare in contatto con gli altri utenti.

 

Meno “social” e più “comunitario”.

 

Centrato meno sulla “vita privata” del singolo utente e di più sugli “interessi collettivi” che portavano le comunità di utenti a comunicare fra loro.

 

Il passato: fra Grandi Purghe e Scismi

Io su Livejournal sono approdata per la prima volta nel 2008, in cerca proprio di una piattaforma di blog alternativa a quella offerta, alcuni anni prima, da Virgilio.it (erano anni oscuri, lasciamo perdere). Di quel primo account non ho più traccia, perché lo cancellai dopo i primi mesi, dato che non capivo come diamine funzionasse LJ. Era il concetto dell’lj-cut e quel modo di lasciare i commenti e gestire il profilo a risultarmi a dir poco astruso, eppure i semi di quelle che sono diventate poi le piattaforme social di condivisione e di micro-blogging c’erano già tutti. E ci sono tornata nel 2009 proprio perché avevo davvero bisogno non tanto di un blog personale ma di un “writing journal”. E di cercare e trovare altre persone che scrivessero e fangirlassero sulle mie coppie preferite. Che già all’epoca erano quelle più ignorate dal fandom italiano.

 

LiveJournal da questo punto di vista aveva molte peculiarità positive. C’era la possibilità di seguire altri utenti, chiamati “friends” (a proposito: Mark Zuckeberg ai tempi dell’università, quando ha creato Facebook, aveva un LJ su cui era solito sfogarsi; chissà se si è ispirato a questa terminologia – oggetto di controversie fra gli stessi utenti della piattaforma – per battezzare i followers del suo social “amici”?). I feed delle loro pubblicazioni comparivano in una pagina apposita: qui cascava l’utilità dell’LJ-cut, un antenato dell’oggi molto familiare “read more”, che rendeva questo prototipo delle dashboard contemporanee molto più leggibile. Scrollavi verso il basso, leggevi le intro di alcuni post e decidevi quali “far collassare” per continuare nella lettura.

 

C’era, soprattutto, la possibilità di creare community. Ogni utente poteva creare quante comunità volesse, decidere chi rendere amministratore, se rendere la membership aperta o sottoporla a moderazione. Potevi diventare membro attivo di una community, “joinandola”, o limitarti a lurkare nell’ombra, cliccando sul tasto “watch”. All’epoca in cui sono approdata su LJ, si aprivano community con la stessa frequenza e facilità con cui oggi si aprono pagine FB e blog di Tumblr, con il valore aggiunto che la piattaforma era specificamente pensata per ospitare testi scritti. Ogni post aveva il suo onesto thread di commenti sottostanti, con tanto di sotto-risposte ai singoli commenti, così come accade oggi con la funzione “rispondi” di Facebook. C’erano (e per ora ci sono ancora) comunità di tutti i generi, anche nel fandom italiano, molto vivace pure su LJ.

 

C’erano però anche blog e comunità di utenti che si interessavano ad altro. Come la politica. Per uno strano caso LiveJournal, fondato a San Francisco da un singolo studente, la cui società – Danga Interactive – era stata nel frattempo assorbita da Six Apart, si era popolata rapidamente di blogger russi. E i blogger russi usavano LJ per fare qualcosa che nelle democrazie occidentali non è ancora reato, checché ne dicano i Salveenee pootiniani nostrani: protestare contro il governo.

 

Ho un vivido ricordo di tutte le volte che, soprattutto fino a un paio di anni fa, Livejournal andava in down perché gli hacker russi mandavano in crisi i server (qui un articolo a riguardo) e la maledetta capra Frank ti spuntava davanti col suo ghigno più grottesco, per avvisarti che non potevi usare il sito proprio nel mezzo di un postaggio o di un evento organizzato da una delle suddette comunità. LJ lottava per sopravvivere, all’epoca, e noi utenti con lui.

 

C’era però stato anche un altro, pericoloso precedente che avrebbe dovuto metterci un po’ tutti sull’avviso che qualcosa, nella gestione di LJ, non andava più bene: la Grande Purga del 2007 (qui un articolo), che cancellò molti blog e post giudicati arbitrariamente dall’amministrazione non in linea con le sue politiche. Questo episodio causò, insieme all’acquisizione della piattaforma da parte della società di media russa, SUP Media, il successivo scisma del 2008, che portò alla nascita di Dreamwidth. Su Dreamwidth tornerò nella terza parte di questo post ma per il resto vi basti sapere che, se siete stati vittime dei purity wank su Tumblr o dei costanti e isterici cambiamenti di regolamento su EFP, sapete benissimo cosa significa non poter postare determinate storie di fantasia, solo perché trattano di argomenti “scabrosi”. Su AO3 e Dreamwidth questo problema di censura non esiste – basta essere rispettosi delle regole, taggare tutto in modo appropriato e non infastidire gli altri utenti, insomma, le normali regole del vivere civile. Su LJ questo problema esisteva ma era sfumato e, finché i server dell’azienda restavano a San Francisco, si poteva continuare a postare quel che si voleva, senza timore di essere imbavagliati.

 

Perché gli hacker venivano da fuori ma l’amministrazione pareva interessata a concedere un certo margine di manovra ai suoi utenti. Poi è arrivato il 4 aprile.

 

Il Presente: Come (non) vi pare

Il 4 aprile 2017 in realtà non è l’inizio di tutto: è la fine di un percorso dietro le quinte, iniziato con l’acquisizione di LJ da parte di SUP Media nel 2007 e continuato con lo spostamento, nel 2009, di alcune funzioni amministrative della piattaforma nel territorio della Federazione russa. È un percorso che segna una totale inversione di rotta di questa piattaforma, che nell’era dei social molto personali e poco sociali, era riuscita a suo modo a sopravvivere, stare bene e continuare ad aggregare le persone attorno ai contenuti.

 

Poi è accaduto che, in osservanza alle leggi “anti-terrorismo” varate dal governo Putin (pensate un po’, le hanno ribattezzate le leggi del “Grande Fratello” (qui un articolo esplicativo)), la SUP Media sia stata costretta, nel dicembre 2016, a riportare anche i server di LJ da San Francisco nel territorio russo… Così che ora tutti i contenuti della piattaforma devono sottostare alle leggi della Federazione Russa. Se non avete vissuto in una bolla negli ultimi anni, sapete benissimo che in Russia sono in vigore dal 2013 leggi che impediscono la cosiddetta “propaganda gay” (leggi qui), leggi che nella realtà sono omofobe e pesantemente limitanti della libertà dei singoli individui. Un effetto per tutti di queste leggi è che non si può “ostentare la propria omosessualità” in pubblico, perché è propaganda. Non si può parlare di omosessualità davanti ai minori e tutti i contenuti LGBT*QIA devono essere etichettati come “adult content”. Anche su LJ naturalmente. “Mark Content estimated by Russian legislation as inappropriate for children (0 −18) as ‘adult material’ by using Service functions” recita il punto 9.1.3 del nuovo User Agreement.

 

E poi c’è la questione dei discorsi “politici”. Perché anche quelli, adesso, sono materiale passibile di essere tirato giù dalla piattaforma. Lo User Agreement parla nebulosamente al punto 9.2.7 di “political solicitation materials” e, contando che Aleksej Naval’nyj – al momento uno dei più determinati oppositori di Putin – ha un blog molto attivo sulla piattaforma (leggi qui), si capisce anche perché al governo russo interessi togliere voce a una piattaforma dove sono attivi più di 5 milioni di utenti dalla sola Russia (dato del 2013 (qui per saperne di più)). Perché, insomma, possiamo non interessarci di politica ma la politica troverà sempre il modo di interessarsi a noi e finire – e qui il discorso si fa molto edonistico – per levarci anche i divertimenti che sembravano più innocui e personali. Quando si decide di censurare indiscriminatamente, alla fine la barra si sposta così in basso che resta ben poco di cui poter discutere liberamente in pubblico

 

E se tutto l’affare non vi sembrava già abbastanza sporco, il modo in cui LiveJournal ha costretto i suoi utenti ad accettare lo User Agreement è stato sporchissimo. Immaginate di entrare sul sito, la mattina del 4 aprile, e trovarvi davanti un pop-up che vi avverte che dovete sottoscrivere il nuovo User Agreement, per continuare a usufruire dei servizi della piattaforma. No, non potete pensarci più tardi. No, lo User Agreement non entrerà in vigore fra trenta giorni, in cui potrete decidere di migrare in un’altra piattaforma ed evitare di sottoscrivere accordi capestri.

 

L’accordo entra in vigore adesso e l’unica alternativa proposta è “y/y”. O accetti o accetti.

 

Non vi pare abbastanza? C’è di più! Quando sottoscrivi lo User Agreement, un amico banner in giallo ti avverte che “this translation of the User Agreement is not a legally binding document“. La traduzione in inglese di questo Accordo con l’Utente non è legalmente vincolante. L’accordo legalmente vincolante è presente in un link che rimanda a un testo in… russo con questo titolo “Пользовательское соглашение“. Ho amiche che studiano il russo e potrebbero aiutarmi a capirci qualcosa ma non tutti abbiamo conoscenze poliglotte o amici russi quindi chi me lo dice che le regole di un sito – internazionale e che dovrebbe utilizzare l’inglese come lingua privilegiata per comunicare con i suoi utenti -, che sono legalmente vincolanti, sono state tradotte in maniera appropriata dal russo all’inglese?

 

Perché, oltretutto, l’inglese in cui è stato tradotto questo accordo è pure bruttino. Non c’è nemmeno spazio per le dietrologie, qui: tutto sembra essere stato orchestrato con frettolosa arroganza, per sbattere fuori a calci chi non si conforma al nuovo corso di LJ e di un’amministrazione che ormai s’è bella che venduta alle esigenze della SUP Media.

 

E quindi che si fa? Si resta su una piattaforma che è diventata così oppressiva e così poco professionale? Ma certo che no! Si migra su Dreamwidth, naturalmente.

dreamwidth

 

Il futuro: Verso Dreamwidth e oltre

Passettino indietro.

 

Siamo nel 2007 e LJ ha appena attuato la Grande Purga, una cancellazione di massa che ha eliminato centinaia di blog con “contenuti per adulti”: si va dalle community di fanfic su Harry Potter a quelle che ospitano i survivor, persone sopravvissute ad abusi, che si confrontano sui loro problemi e cercano solo uno spazio sicuro in cui sfogarsi. La Purga genera un’indignazione di massa e LJ ritratta in parte, promettendo di riportare online alcuni blog cancellati. Intanto, però, l’amministrazione del sito sta facendo anche altro: Six Apart, dopo aver concesso a SUP Media il diritto di sfruttare il marchio di LiveJournal, glielo vende interamente. E un pezzo dell’amministrazione non ci sta più.

 

È così che in data 11 giugno 2008 viene annunciata la fondazione di Dreamwidth, che apre i battenti in open beta quasi un anno dopo, il 30 aprile 2009. Denise Paolucci e Mark Smith hanno già spiegato egregiamente in questo post (clicca qui) perché e in che modi hanno fondato Dreamwidth ma per chi vuole un tl;dr, posso illustrarvi il punto saliente del loro esodo: libertà di azione e di parola. Né Denise né Mark volevano restare su una piattaforma i cui amministratori si arrogavano il diritto di decidere arbitrariamente quali post cancellare, solo per il loro contenuto sensibile. E non volevano nemmeno essere “posseduti” da un’azienda terza con base in Russia, per di più, che avrebbe dettato le sue priorità alla piattaforma e l’avrebbe ridisegnata per i propri scopi.

 

La loro è stata una ricerca di totale indipendenza, per assicurare ai propri utenti la massima libertà di parola – libertà che si esaurisce dove comincia quella dell’altro utente, ovvero avete tutto il diritto di esprimere la vostra opinione ma non di incitare le persone ad attaccare altri utenti o andare a molestarli personalmente. Solite regole del vivere civile. Questo ha significato non associarsi a nessuna grande azienda e avere una piattaforma che vive solo delle sottoscrizioni degli utenti che pagano per avere un account premium: lo staff è ridotto e i pagamenti non si possono effettuare tramite Paypal perché, sì, ai tempi la società chiese a Dreamwidth di censurare alcuni account e la risposta degli amministratori fu “LOL, BYE”.

 

Filosofie del web a parte, Dreamwidth è la migliore alternativa di LiveJournal per un grosso e importantissimo motivo: nata sfruttando il codice su cui era stato costruito LJ – codice che ai tempi dello scisma era ancora open-source – Dreamwidth è quella che si definisce una “code fork”, una piattaforma “sorella”, che si è sviluppata come un nuovo ramo dal tronco del codice comune su cui era stato sviluppato il progetto originale di LiveJournal. In questo caso il software che fa funzionare LJ è scritto in Perl ma non starò qui a parlarvi dei dettagli tecnici.

 

Questo fatto significa, molto semplicemente, che si può importare tutto il proprio journal. In blocco. Senza doversi prendere il disturbo di darsi al “Ctrl+C” e “Ctrl+V” compulsivo e farsi venire la sindrome del tunnel carpale per esportare un intero archivio di fanfic. La procedura di “Import Journal” è molto semplice e quasi del tutto automatizzata – e viene importato tutto, anche le icon e i commenti sotto i post, “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasferisce“. Le FAQ di Dreamwidth (clicca qui) sono molto complete, sull’argomento, ma se preferite una guida in italiano, potete guardare questa:

DREAMWIDTH 4 DUMMIES
ovvero: creare e importare account/community & cos’è e come funziona l’OpenID

By Will_Pi

 

I vantaggi di Dreamwidth, oltre alla libertà assoluta di postaggio, sono molti: a differenza di LiveJournal, ad esempio, non esiste alcun limite di 10.000 caratteri per post e, lasciatemelo dire, per una fanwriter logorroica come me, che posta anche 14.000 parole di capitolo alla volta, è un bel progresso. Come su LiveJournal c’è la possibilità di segnalare i propri interessi nella bio e trovare utenti con interessi simili; si possono creare community con un meccanismo di funzionamento praticamente identico a quello di LJ; ci sono community di grafica per personalizzare l’aspetto dei propri journal; c’è la possibilità di seguire ed essere seguiti da altri utenti (che qui non sono più “friends”; si “sottoscrive” un journal, eliminando l’annosa questione linguistica del “come può un utente essere mio amico se non siamo nemmeno mutuals?”). Ci sono anche alcune differenze perché, come ho già detto, dal 2014 il codice di LiveJournal non è più open-source e Dreamwidth, in ogni caso, ha deciso di seguire una direzione diversa, senza provare a imitare altri social network con un cambio repentino di grafica o l’introduzione di funzioni come il “like” ai post di altri utenti.

 

Perché proseguire il proprio percorso su Dreamwidth invece che approfittare dell’occasione per migrare su altri lidi, ora che siamo nell’era dei social network? Ognuno sa quali sono le sue esigenze. A me l’idea di una comunità di scrittura e di scambio di opinioni, prima ancora che di impressioni momentanee, piace. E la struttura di LJ – prima – e di Dreamwidth – ora – permette questo genere di condivisione. Non credo che il modello di Twitter e quello di FB siano sbagliati in sé ma non possono diventare l’unico modo di “essere sociali” sul web. E, sì, ci sono i grossi archivi di scrittura come AO3, decisamente meravigliosi, ma la struttura di piattaforme come Dreamwidth si apre a un tipo di discorsività differente. Attorno alle community si possono polarizzare gli interessi di interi rami del fandom o di persone che hanno un determinato argomento di cui vogliono discutere – è il caso di community come “ohnotheydidnt“, “das_sporking“, “linguaphiles“, che si occupano, rispettivamente, di commentare fatti di cronaca legati a personaggi famosi, fare “sporking” (critica satirica) di fanfic e libri famosi ma non esattamente ben scritti, e scambiarsi consigli su come tradurre da una lingua all’altra modi di dire e simili. Attorno a un personal journal – gestibile sia come archivio di storie che come sfogatoio personale – si possono raccogliere confronti e discussioni.

 

Insomma, il “modello LJ” offre un modo di stare sul web e connettersi agli altri che presenta anche molti lati positivi – quando non finisce in mano a società che ne limita la capacità di espressione, ovviamente. Io su LiveJournal sono rimasta ben otto anni – ed è praticamente il mio account più longevo sul web – e lasciarlo è stato un sacrificio non da poco, che mi sono permessa di fare proprio perché c’era una piattaforma come Dreamwidth ad accogliermi. Amo AO3 ma sapere di poter avere un journal tutto mio da ristrutturare nella grafica che preferisco e da usare come mio archivio privato di backup, per qualsiasi evenienza, è sempre una sicurezza.

 

E sapere che ci sarà sempre un posto che mi permetterà di postare le mie storie senza timore di vedere la mia libertà di espressione ristretta, è un bel conforto. Conforta un po’ meno sapere che, dopo tanti strafalcioni ma anche una storia così lunga, LiveJournal abbia perso tutta la sua ragione d’essere: un posto virtuale dove poter dare voce ai propri pensieri senza temere, come nella vita reale, di essere forzatamente messi a tacere solo perché quei pensieri a qualcuno non piacciono.

11 pensieri su “La lunga notte di Livejournal

  1. Questo articolo è stato molto interessante! Ammetto di essere su LJ (e DW) da parecchio, ma li uso solo come backup per le mie fanfiction e, di tanto in tanto, per partecipare ad alcune challenge. Non sapevo per cui di questa confusione che si era creata, e men che meno ero al corrente dell’ultimo cambio (tra l’altro, solitamente i siti mandano delle mail quando avviene un cambio nel regolamento, per cui non me l’aspettavo proprio).
    Cercherò sicuramente di tenermi un po’ più informata.

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    • Il mio account LJ è sempre andato a singhiozzi, usato anche io più per challenge che altro. Però il concetto qui di dover per forza accettare ToS perché sennò d’attacchi… nein. Non ci siamo =w= comunque ho appena fatto il passaggio a Dreamwidth ed è stato rapido e indolore =3

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      • Io ho fatto il passaggio a DW qualcosa come un paio di mesetti fa (adoro testare nuovi siti, anche se poi mi ritrovo ad usarli di rado). Fino ad ora ho sempre preferito LJ per il semplice motivo che ci sono più temi a disposizione e io sono una sucker per l’estetica dei blog /: Ma dopo ciò che ho letto nell’articolo è proprio il caso che io mi informi un po’ meglio e decisa cosa voglio fare: se cancellare i mie post e tenere l’account o cancellare anche l’account. Anche perché non vorrei ritrovarmi le cose cancellate senza avviso…

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    • Piccolo EDIT: importare i tempi di LJ su DW è parecchio semplice, per cui se qualcuno era bloccato dal mio stesso motivo ora non ha più niente di cui dover dubitare, LOL.

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